ClickBaiting e la psicologia che c’è dietro.
QUESTO ARTICOLO NON ti farà ritrovare la fede nel genere umano. E neppure sorprendere, sconvolgere, rallegrare, scioccare, incantare o in alcun modo sbalordire. Quello che farà -magari in modo chiaro ed intelligente— sarà spiegare il perché le persone continuano a cadere nella trappola del clickbait. Vedi, come hai fatto tu giusto qualche secondo fa.
Qualsiasi sia la tua opinione a riguardo: che sia in crescita, che promuova l’oscurantismo e l’auto-negazione, che non sia poi così grave, o che invece sia il male peggiore, una cosa è chiara sul clickbait: è sempre più difficile da definire. Alcuni, come Ben Smith di Buzzfeed, lo definiscono semplicemente un articolo che non mantiene la promessa data dal titolo. Altri pensano significhi una lista di articoli insulsi, quiz e titoli che si rifanno alla legge di Betteridge. E poi ci sono quelli che semplicemente lo definiscono cose che non mi piacciono di Internet.
Ecco su cosa la maggior parte delle persone è d’accordo: il clickbait è fastidioso, ma funziona— anche quando i lettori si rendono conto di cosa si tratta. La grande deriva semantica può essere una delle cause della sua efficacia. Ma conta molto anche la scienza comportamentale. Come hanno confermato molti studi, puoi attribuire la tua inclinazione al clickbait a due fattori: l’incredibile importanza che le emozioni ricoprono nel tuo giudizio intuitivo e nelle tue scelte quotidiane e la pigrizia del tuo cervello.
Fabbrica delle emozioni
Il clickbait non capita a caso. Gli editor scrivono i titoli per manipolarti o quantomeno attirare la tua attenzione, da sempre. “Corpo senza testa in uno Strip Club,” e “Sticks Nix Hick Pix” non esisterebbero se le alle pubblicazioni non interessasse attrarre l’occhio. La differenza con il clickbait è che spesso sei cosciente di questa manipolazione eppure non riesci a resistere. E’ anche ovvio dal nome “bait” (“esca”), eppure ci caschi.
Ha molto a che vedere con le emozioni e con il ruolo che giocano nei tuoi processi decisionali giornalieri, dice Jonah Berger, che studia l’influenza sociale e il contagio all’Università della Pennsylvania. Il risveglio emozionale o il livello di risposta fisica che deriva dall’emozione, è un ingrediente fondamentale nel comportamento legato al clickbait. La tristezza e la rabbia, per esempio, sono emozioni negative, ma la rabbia è molto più potente. “Ci trasporta, infiamma, e ci costringe ad agire” dice Berger. Se ti è capitato di cadere nella trappola del clickbait oltraggioso o hai passato del tempo a leggere qualcosa di odioso o a guardare qualcosa di odioso, sai di cosa sta parlando Berger. “La rabbia, l’ansia, l’ilarità, l’eccitamento, l’ispirazione, la sorpresa—sono questi tutti i potenti sentimenti ai quali i titoli clickbait fanno riferimento” dice.
Un crescente gruppo di ricerca supporta questa teoria. In un giornale recente chiamato “Breaking the News: First Impressions Matter On Online News,” due ricercatori hanno analizzato 69,907 titoli prodotti da quattro organi di stampa internazionale nel 2014. Dopo aver analizzato la popolarità emozionale di questi titoli (quindi se la prima emozione provata fosse positiva, negativa o neutra), hanno scoperto che “un sentimento estremo ha ottenuto il punteggio più alto.” Questo non significa solamente che notizie molto negative o molto positive tendono ad attirare più lettori, concludono, ma anche che “un titolo ha più possibilità di [ricevere click] se il sentimento espresso nel suo testo è estremo, sia esso positivo o negativo.”
Attenzione all’effetto curiosità
Promettere un’esperienza sconvolgente o esilarante utilizzando iperboli o superlativi (anche se il soggetto chiaramente non legittima questo tipo di linguaggio) è uno dei modi per attirare click. Un altro è provocare curiosità. Gli articoli di Upworthy sono particolarmente efficaci in questo e gli psicologi hanno formulato varie teorie sul perché.
Una delle più popolari e longeve viene da George Loewenstein di Carnegie Mellon. Nella metà degli anni ‘90, Loewenstein inventò la teoria che chiamò “divario d’ informazione”. Enuncia, in pratica, che ogni volta che percepiamo un divario “tra quello che sappiamo e quello che vogliamo sapere”, quel divario ha conseguenze emotive. “Questi divari d’informazione producono un sentimento di privazione chiamato curiosità” scrive. “L’individuo curioso è motivato ad ottenere l’informazione mancante per ridurre o eliminare il sentimento di privazione”
In altre parole, non sapere è cognitivamente sgradevole. Storicamente, questo pensiero è alla base del principio dei titoli di Upworthy “cosa succede dopo”: “Qualcuno dà a dei bambini delle forbici. Scopri cos’è successo dopo” oppure “Questi lavoratori vogliono semplicemente dei soldi, non crederai mai a cosa sono ricorsi per ottenerli”. Si possono rendere le persone ancora più curiose, dicono gli psicologi sociali, presentando loro qualcosa di cui sanno un po’, ma non troppo.
Numeri e Liste
Umberto Eco è famoso per aver detto che gli esseri umani sono affascinati dalle liste perché abbiamo paura di morire. Gli psicologi sono d’accordo. Più o meno. Come hanno dimostrato vari studi, le liste fanno bene molte cose da un punto di vista cognitivo, tra cui aiutarci ad “affrontare l’infinito e a cercare di capire l’incomprensibile”.
Ecco una breve lista di motivi sul perché i titoli in lista sono così efficaci:
Usano spesso i numeri, e i numeri spiccano quando visitiamo una pagina piena di titoli infiniti—i numeri strani in particolar modo.
Questi numeri aiutano, tra l’altro, a quantificare la lunghezza della storia e suggeriscono la quantità di attenzione (non molta) necessaria per leggere la storia.
Organizzano l’informazione nello spazio, cosa che piace ai nostri cervelli.
Sono gradevoli, perché eliminano (o quantomeno minimizzano) il “paradosso di scelta,” presentando un’illusione di certezza.
Il succo è che le liste aiutano a creare un’esperienza di lettura (e pensiero) più semplice. E ci sono poche cose che il tuo cervello apprezza di più della semplicità cognitiva. Come scrive Kahneman “la semplicità è un segnale che le cose stanno andando bene—nessuna minaccia, nessuna notizia importante, nessun bisogno di deviare l’attenzione o richiedere sforzi.” “15 ragioni per cui non riesci a resistere alle liste” promette un finale predefinito e fa sembrare il mondo più comprensibile. Le liste allontanano gli sforzi, la complessità, l’ambiguità mentali. Clicca.
L’aspettativa ti fa cliccare
Il clickbait utilizza vari trucchi cognitivi efficaci per ricevere visite. Ottimo. Ma anche se i lettori si basano sulla facilità emotiva e cognitiva quando scelgono i titoli, ciò non spiega perché il clickbait continua a funzionare. La logica del “mi hai già fregato una volta” dovrebbe significare una perdita di efficacia e un aumento di denuncia. Quanti trucchi emotivi, false promesse, articoli vuoti e quiz si possono sopportare? Molti, a quanto pare.
Le ricerche dimostrano che gli esseri umani sono ben disposti a sopportare un’enorme quantità di delusione e frustrazione, basta che alla fine ci sia anche solo una soddisfazione. E sì, qualche volta il clickbait porta a soddisfazioni…
Prendiamo in considerazione questo titolo: “Questi 9 bizzarri amici animali ti illumineranno la giornata e ti faranno sciogliere il cuore.” Ci sono centinaia di varianti di questo titolo online —alcuni meglio realizzati da un punto di vista di clickbait— ma l’idea è chiara. Stiamo parlando di cuccioli di vombato che abbracciano cuccioli di canguro, o magari dei piccoli di leopardo delle nevi che giocano con dei cuccioli di volpe, questo tipo di cose.
E’ un fatto appurato che gli esseri umani sono ricercatori di tenerezza programmati. Per i centri del piacere dei nostri cervelli, fa poca differenza guardare teneri animali, consumare zuccheri o avere rapporti sessuali. Infatti, lo stesso neurotrasmettitore, la dopamina, viene rilasciata in tutte e tre queste attività. Che la dopamina possa manipolare il nostro comportamento non è una novità. Ma la cronologia di questo processo diventa un punto chiave quando si cerca di capire l’efficacia del clickbait.
Immaginiamo che quelle nove immagini di animali adorabili siano un premio (per il nostro cervello è così). Ora immaginiamo che il titolo clickbait sia un segnale, un segnale imminente che stiamo per vedere degli animali estremamente adorabili. Infine, immaginiamo che cliccare sul link sia il compito che dobbiamo svolgere per ottenere quel risultato. Vediamo il titolo, clicchiamo sul link, riceviamo un adorabile premio. Semplice.
Si potrebbe presupporre che il nostro cervello riceva quella meravigliosa dose di dopamina appena ricevuto il premio (le immagini), invece i livelli di dopamina aumentano molto prima—quando vediamo il segnale. Questo significa che il titolo stesso crea piacere—non per quello che è realmente, attenzione, ma per quello che rappresenta (imminente tenerezza tra 3…2…1).
Il neuroscienziato di Stanford Robert Sopolsky sintetizza la scoperta in questo modo: “La dopamina non riguarda il piacere; riguarda la previsione del piacere. Riguarda la ricerca della felicità piuttosto che la felicità stessa.”
Felicità in schiavitù
La cosa veramente interessante avviene quando si riduce la frequenza del premio. Quando avviene nel 50% delle volte, i livelli di dopamina arrivano alle stelle. Quindi una promessa non mantenuta non è un deterrente per il clickbait, piuttosto un incentivo. Come dice Sopolsky: “La parola “forse” è stata appena introdotta nell’equazione, e il forse dà dipendenza come nient’altro.” Gli psicologi lo chiamano Rafforzamento ad Intermittenza e significa, in poche parole, che il modo più efficace di ottenere un comportamento specifico da una persone è di introdurre il “forse” nell’equazione.
Ovviamente non tutti i clickbait riescono—o provano—a manipolare i nostri livelli di dopamina. Ma considerando la loro parte nel coinvolgimento emotivo, è giusto affermare che è un fattore. Ciò complica il dibattito del “promesse estreme/contenuto inesistente” che molte persone utilizzano per prevedere la diminuzione dell’efficacia del clickbait. Sicuramente, da un punto di vista razionale saprai che l’adorabile bambina in questo video di Clickhole ha ragione: ti sentirai lo stesso solo, non importa quanti video vedrai o quante liste leggerai. Ma la scienza comportamentale dice anche che leggere le 25 posizioni più strambe di un gatto che dorme può tuttavia essere un efficace, seppur breve, antidoto per il tuo isolamento esistenziale.
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