Diossina ad Acerra – Inquinamento.
Undici milioni e mezzo di metri cubi di fumi, 600 tonnellate di ceneri e scorie pericolose, 550 milioni di picogrammi di diossine. Ad Acerra ogni giorno il nuovo inceneritore spargerà nell’aria dosi di veleno. Silvio Berlusconi lo ha inaugurato una settimana fa, come simbolo concreto della sua operazione pulizia, che ha fatto sparire i sacchetti neri dalle strade campane. Ma il sistema avviato è ancora lontano dalla normalità.
E l’impianto che brucia le presunte ecoballe (in realtà matasse compresse con rifiuti d’ogni genere) secondo gli ambientalisti rischia di trasformarsi in un ecomostro. “Anche se l’inceneritore dovesse davvero emettere diossine per la metà del limite previsto dalla normativa, nell’aria di Acerra dove risiedono 50 mila persone ogni giorno ci sarà un quantitativo di diossina considerato tollerabile per una popolazione di 4 milioni di individui adulti”, spiega Ornella Capezzuto, presidente del Wwf Campania. Un dato allarmante per un’area già ammorbata da anni di roghi indiscriminati di rifiuti. “Il danno alla salute sarà mille volte inferiore di quello già provocato in Campania da discariche abusive e rifiuti tossici”, ha replicato Bertolaso. Perché tutto si fa in nome dell’emergenza, inclusa la road-map del governo che punta a fare della Campania, per anni ‘pattumiera d’Italia’, l’inceneritore del Paese. Dopo Acerra, di impianti per bruciare i rifiuti ne sono previsti altri quattro, ma per le esigenze della regione ne basterebbero due. Ma questo è un business che appare sicuro anche in tempi di crisi: dai 300 ai 400 milioni di euro per la costruzione di un impianto, con introiti che superano i 100 milioni all’anno, soprattutto grazie agli incentivi per la produzione di energia da fonti rinnovabili, finanziati dagli italiano nelle bollette. Soldi che arriveranno solo quando Acerra, oltre a bruciare i detriti, comincerà a produrre energia elettrica: non prima di nove mesi, si stima. Intanto le discariche attive si stanno per esaurire e presto tutto il peso potrebbe ricadere sulla sola Chiaiano, dove si continua a sversare. In estate dovrebbero entrare in funzione gli impianti di San Tammaro e Terzigno per garantire lo spazio necessario fino a dicembre 2009: almeno un milione e mezzo di tonnellate di rifiuti che non saranno bruciati. Perché ad Acerra fino ad allora saranno smaltite al massimo 200 mila tonnellate di monnezza, un terzo del quale finirà comunque in discarica sotto forma di ceneri e scorie. Non servono aree speciali: la legge varata dal governo Berlusconi prevede che in Campania oggi si possa davvero seppellire di tutto. Ad Acerra, i primi rifiuti che si sarebbe dovuto bruciare sono le 80 mila balle ancora ammassate nell’area militare di Persano, metà di quelle prodotte in Campania da giugno a dicembre 2008. Lo avevano promesso ai militari della Brigata Garibaldi, impegnati nelle missioni estere più pericolose. Ma la montagna di balle dorme tranquilla, al sicuro di una caserma. Anche se entrare nella piattaforma di stoccaggio non è difficile: basta aspettare il passaggio quotidiano del pastore che vive col suo gregge nel casolare accanto ai silos per la raccolta del percolato. Un buco nella rete già c’è, esattamente di fronte al piazzale dove da mesi sono abbandonate decine di roulotte della Protezione civile. Chiunque può entrare, smaltendo in mezzo ai rifiuti ogni genere di detrito che poi finirà dritto ad Acerra. Se succede in un’area militare, figurarsi cosa sia possibile fare a Ferrandelle, nel sito di stoccaggio sorto sui terreni del boss ‘Sandokan’ Schiavone e trasformato per decreto in discarica. A controllarlo ci sono solo due pattuglie di vigilantes privati, ferme all’ingresso. Un sito al collasso, secondo i tecnici dell’Arpa Campania, che a metà febbraio hanno anche denunciato che le coltivazioni dei campi circostanti sono “invase da percolato affiorante in superficie”. Ma alla lettera-appello inviata dall’assessore comunale all’ambiente a Bertolaso nessuno ha risposto.
di CLAUDIO PAPPAIANNI
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